Mi ricordo tutto come se fosse successo ieri.
Mentre facevamo i compiti, lui che si distraeva facilmente, lui che aveva dei tic di richiamo che io scambiavo per nervoso, lui che si muoveva in continuazione, lui che trovava un pretesto per alzarsi dalla sedia o per interrompere il suo lavoro. E mentre passavano i giorni, mentre lo osservavo me ne accorgevo che c’era qualcosa che non andava in lui. Mi ricordo che lo guardavo e mi dicevo che non era possibile, quel bambino cosi disattento e impertinente era mio figlio, non poteva essere così, in fondo io non ero una stupida. A ottobre della prima elementare decisi di andare a scuola a parlare con le maestre, ma costoro mi dissero di non preoccuparmi perché era ancora piccolo e tutto ciò rientrava nella norma. Tornai a casa non tanto tranquilla, ma tra me e me mi dissi di darle tempo. I mesi passavano ma la situazione peggiorava, il campione dimenticava tutto ciò che imparava a memoria con tanto sacrificio e fatica, si rifiutava di fare compiti, piangeva perché faticava tanto a imparare una cosa per dimenticarla dopo un paio di ore. Ricordo che spesso si addormentava con la testa sul quaderno, dopo 8 ore di scuola e un ora di nuoto in piscina non ce la faceva più a fare niente, figuriamoci altri compiti. Sti maledetti inutili compiti!!! Una sera di maggio parlando di lui con mia sorella mi disse “e se fosse dislessico??!!!” ricordo che gli chiesi cos’era sta cosa perché non ne avevo mai sentito parlare. E lei mi spiegò che praticamente si trattava di bambini con un qi medio alto ma che hanno difficoltà ad apprendere come tutti gli altri. Mi rivolsi ad una amica insegnante che mi mandò da una npi in gamba a Terni. Questa dottoressa, dopo una serie di test mi inviò a Bambin Gesù a Roma perché c’era un sospetto di dislessia. E sì, aveva visto lungo! Iniziò il percorso diagnostico che fini dopo 2 anni. Ogni sei mesi prendevo macchina e lo portavo a Bambin Gesù a fare i test, mi alzavo alle 4 per partire alle 6 per essere li alle 8. Anche 3 giorni di seguito facevo Rieti Roma. Sola, io e lui. Il giorno in cui ebbi la diagnosi finale corsì a scuola tutta felice come Heidi sui prati, sventolando quei fogli come se fossero una cosa preziosa. Invece niente, le maestre non badarono a nulla di ciò che stava scritto in quella diagnosi.
Ignare per presunzione o cattiva volontà, continuavano a torturarlo con la loro metodica obsoleta e arcaica, non erano capaci di applicare le indicazioni dei specialisti, si doveva studiare così come dicevano loro.Io che obbiettavo inutilmente.
Finii per essere bullizzato da tutti, dalle maestre ai compagni di classe. Smise di giocare a rugby e a suonare la chitarra, si chiuse in camera, odiando la scuola e me, che lo obbligavo di andare. Testate al muro e attacchi di panico la mattina perché non ricordava più i verbi a spagnolo o la poesia. Vomitava aria, tremava e mi supplicava di non mandarlo a scuola. Io che lo trascinavo giù per le scale perché per me erano capricci. Mea culpa, mea ennesima culpa… Non bastavano loro, me ci mettevo pure io, incapace di risolvere quella situazione pesante che mi spaccava il cuore ogni giorno per quanta impotenza mi dava.
Alle elementari la maestra di italiano lo minacciò con la bocciatura davanti a tutta la classe. Tornarono gli incubi e per la prima volta si fece la pipi al letto di notte. Quando capii perché, andaì dalla preside a reclamare. Nulla cambiò, la iena rimase tale.
Alle medie lo punirono tutti, ebbe anche uno zero come voto, si si, ho detto zero e 6 in condotta, la coordinatrice motivò tale voto come stimolo per farlo impegnare a studiare. Capra! Capra! Capra!!!!!
Mancavano solo le frustrate, la cella di isolamento e legarlo alle sbarre!!!! Ci siamo sentiti dire di tutto e di più, da parte di chi si supponeva che abbia una formazione nel campo in quanto referente dsa d’istituto. Dalla famigerata frase “alle medie ti boceranno” alla cretinata megagalattica che abbia mai sentito in vita mia “ma è contagioso?”.
Arrivò il liceo, a straccia bocconi si andava avanti. L’ho vedevo sempre più demotivato, sempre più depresso, infelice. Con l’autostima sotto i piedi si trascinò fino all’inizio del secondo anno, arrabbiato con tutti, nessuno fu in grado di aiutarlo. A scuola non sapevano nulla tranne i docenti, ma lui continuava a essere invisibile e a sentirsi inutile. Rifiutava gli strumenti compensativi perché non voleva sentirsi non accettato dai compagni di classe, come in passato. Mi disse che per la prima volta aveva amici a scuola, per il resto un disastro.
Mi resi conto che lo stavo perdendo, per l’ennesima volta gli dissi una bugia, gli proposi di andare da Lucia solo una volta poi non glielo avrei più chiesto. Accettò convinto che, tanto, anche lei non sarebbe riuscita a aiutarlo a far funzionare la sua testa. Invece questa volta abbiamo fatto bingo! Lucia ha un dono perché sente i ragazzi, sente il loro dolore, sente la loro sofferenza, sa come prenderli, si immedesima ai ragazzi, lotta insieme a loro e gli difende a spada tratta, le spiega come funziona quella meraviglia di cervello che hanno e non li molla un attimo. E’ onnipresente nella loro vita, e poi, come lei sopporta i genitori nessun altro lo fa.
Mi ricordo quando gli scrissi la prima volta, dicendogli che ero convinta che solo lei me lo avrebbe salvato. E così fu!
Avevamo provato di tutto, il tutor dell’Aid, l’insegnante privata, un altra tutor specializzata in dsa ma niente! Nessuno fu in grado di spiegargli come funzionava la sua testa, nessuno l’ho rese autonomo nello studio! Tranne lei, tranne la Dottoressa Lucia Fusco!!!!
Mi sono fatta il mazzo a seguire gruppi, a leggere normative, a andare ai convegni e ai corsi, a informami, a imparare a far valere i suoi diritti in ambito scolastico, a portarlo allo studio della Dottoressa a Roma per fare la terapia prima dell’inizio della pandemia, a fare ricorso contro inps per far valere un suo diritto sancito dalla legge, a parlare con genitori più esperti di me o principianti, a far sì che i suoi diritti vengano rispettati in ambito scolastico. E me lo sono fatta da sola, perché il padre non c’è mai stato e poi è passato a una miglior vita. E si, è proprio così, è valsa la pena, e sì!!!!Luci, tu hai salvato un altro ragazzo dall’abbandono scolastico, hai salvato mio figlio e io non smetterò mai e mai di ringraziarti e tu lo sai il bene che ti voglio a priori da tutto!!! Sii fiera del tuo lavoro e di te, sii fiera della bella persona che sei!!!
Ai docenti di mio figlio, quei 4/5 che meritano invierò una mail in cui dirò ciò che sento!!!
Agli altri dico di venire ai corsi della Dottoressa Lucia Fusco, scoprirebbero tantissime cose da imparare, dalla umiltà al uso di un software che le potrebbe semplificare la vita!!!
A sì, il mio campione anche oggi ce l’ha fatta!
Questo è già il terzo esame della sua vita superato, è solo un altro di una lunga fila di esami perché lui, adesso, conoscendo il suo valore non si ferma qui!!!
A sì, avevo detto che mi sarei presa una bella sbornia a scuola finita… beh, facciamo finta che è già successo, oggi mi sono ubriacata di emozioni e per me, va più che bene così!!!
